Sono mesi concitati quelli che stanno muovendo le nostre giornate. La pandemia CoViD-19 ha portato con sé numerosi interrogativi sia sotto il profilo prettamente sanitario e socio-politico, sia su un argomento sinora presente, ma lasciato ai margini delle preoccupazioni quotidiane: il trattamento dei dati personali.
Desiderose di intraprendere ogni misura di sicurezza sanitaria garantendo la protezione dei dati dei propri dipendenti, le aziende hanno sollevato e sottolineato sin da subito numerose questioni vertenti soprattutto sulla liceità delle finalità del trattamento dei dati sanitari dei dipendenti. Le risposte dal Garante per la protezione dei dati sono arrivate in poco tempo, lasciando però tracce di chiaro-scuro su quelli che sono i punti caldi del tema “trattamento dei dati personali al tempo dei CoViD-19”: dalla possibilità di misurare la temperatura ai propri dipendenti per evitare il contagio in azienda, alla comunicazione dei dati sanitari rilevati alle ASL e medici competenti, sino al termo-scanner di cui si accenna in questi giorni che hanno dato avvio alla Fase 2.
Nonostante la situazione così mutevole, il Garante Privacy ha da subito posto alcuni capisaldi nel trattamento dei dati: non ha fatto divieto di utilizzare metodi e strumenti per garantire l’integrità fisica ai dipendenti delle aziende che hanno deciso di attuare misure di controllo della diffusione del virus, appellandosi sempre ai principi di liceità e trasparenza, affinché si possa continuare a garantire il massimo rispetto delle norme sanitarie imposte dal Governo unitamente a quelle Privacy prefissate dal GDPR. Il Garante ha dunque provveduto ad emanare numerose linee guida e vademecum per permettere ai Titolari d’impresa di agire serenamente, ricordando anche che il trattamento dei dati sanitari deve essere sempre e comunque sottoposto a maggiori restrizioni e controlli, proprio per evitare la diffusione di dati riguardanti lo stato di salute delle persone. Tali misure si ricalcano nuovamente ai capisaldi della Privacy: raccogliere, trattare e comunicare i dati dei propri dipendenti solo per reale necessità agli organi competenti in materia di salute e sanità, di eliminare i dati nel momento in cui non sono più necessari, evitare la trasmissione di tali dati a terzi per “sola conoscenza” e la profilazione dei dipendenti. Dal canto suo, il dipendente deve essere informato sotto ogni aspetto del trattamento di dati sanitari, consci del periodo straordinario in cui stiamo vivendo. Inoltre, può richiedere in qualsiasi momento maggiori informazioni su chi tratta e detiene i suoi dati, nonché sui propri diritti che sono tuttora tutelati e garantiti dal GDPR.

Per le aziende, la nuova Fase 2 è rappresentata dal ritorno del termo-scanner (strumento già adottato da alcune imprese all’inizio della vicenda). L’uso di questo dispositivo non è considerato illecito dal Garante, bensì uno strumento che presenta una doppia faccia della stessa medaglia, ma comunque entrambe gestibili se sfruttate diligentemente e con criterio. Azienda e dipendente si trovano quindi ad essere vigilante e vigilato ed il secondo può anche sentir violati i propri diritti alla riservatezza e privacy. D’altronde, essere sottoposti a controlli così mirati e di natura sanitaria non rientra nella nostra routine lavorativa… e qui entra in gioco il ruolo del Titolare dell’azienda, il quale dovrà essere in grado di fornire informazioni dettagliate e trasparenti per garantire e dimostrare la liceità di questo trattamento straordinario.
“Spetta pertanto alle aziende che adottano i termoscanner di rassicurare gli utenti sul rispetto delle norme del Gdpr, avendo cura di espletare i vari adempimenti previsti dalla normativa sulla protezione dei dati personali, a partire dalla verifica della liceità del trattamento fino all’informativa da dare agli interessati” (fonte: https://www.federprivacy.org/informazione/punto-di-vista/covid-19-nella-fase-2-largo-ai-termoscanner-tra-business-e-sfide-sul-rispetto-della-privacy).
Da una parte la volontà del Titolare di garantire un ambiente di lavoro sicuro e sano, dall’altro il possibile e repentino diniego di sottoporsi a verifiche quotidiane sulla propria salute fanno intendere che i mesi che seguiranno non saranno proprio dei più idilliaci. L’importante, però, è garantire trasparenza: grazie al rispetto di tal principio, si possono superare anche gli ostacoli derivanti dalla volontà di proteggere la propria riservatezza.