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Squilli e chiamate: quando l’interlocutore è un fantasma

Mai più di oggi un Provvedimento del Garante per la Protezione dei Dati Personali del 2014 è stato così attuale, nella giungla dei call center e delle chiamate indesiderate.

Numeri con prefissi improbabili, squilli insistenti da seminare il panico. Il primo pensiero di ognuno di noi è “E’ successo qualcosa?!”, rispondiamo con l’ansia in gola e… muto. Al massimo un freddo, impersonale e meccanico “Goodbye”. Non sono chiamate da altre dimensioni, semplicemente dai call center che, ancora una volta, sperimentano nuove strategie di telemarketing, effettuando quella che è in piena regola una chiamata muta.

Il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha così definito quel tipo di chiamata che, quando si alza la cornetta, dall’altro capo del filo non risponde nessuno creando così uno stato che “può indurre comprensibili stati di ansia, paura e disagio nei destinatari” (Provvedimento generale a carattere prescrittivo sulle c.d. ´chiamate mute´ – 20 febbraio 2014). La strategia perseguita con queste telefonate è molto semplice ed efficace, quanto indiscutibilmente inquietante: poiché gli addetti alle chiamate non possono effettuarne più di una contemporaneamente, esse partono in automatico spuntando la lista contatti caricata dall’addetto. Se nel momento in cui l’utente risponde alla chiamata l’operatore è impegnato in un’altra conversazione, allora il telefono rimane muto e, dopo un paio di secondi, si stacca la telefonata, lasciando così l’utente interdetto e innervosito.

Onde evitare gli stati di ansietà e di disagio, il Garante Privacy ha stilato delle regole per le chiamate mute, quali: non far durare la chiamata muta per più di 3 secondi dalla risposta dell’utente, effettuare tre chiamate mute ogni cento andate a buon fine, il divieto di ricontattare l’utente vittima di chiamata muta prima di una settimana dall’evento e garantendo la presenza di un operatore all’altro capo del telefono. Particolare attenzione è stata posta dal Garante Privacy alla sensibilità e alla percezione delle persone coinvolte in questi episodi. I call center, sia che l’utente sia messo in attesa dall’operatore o che sia vittima di una chiamata muta, devono attivare il “comfort bruise”, ossia un rumore in sottofondo che ricordi quello delle tipiche attività svolte in azienda, quale vocio e squilli. In questo modo, dice il Garante Privacy, l’utente è accolto in un ambiente famigliare e non si sente in qualche modo vittima di situazioni ambigue. È anche vero, però, che bisogna prestare attenzione alla combinazione di numeri che appare sul display del telefono: molte sono state le truffe ai danni degli utenti per aver risposto a telefonate provenienti da Stati UE/non UE, riportanti prefissi che, solitamente, non siamo abituati a vedere e riconoscere. L’ultima tranche di truffe è partita dalla Tunisia con prefisso +216. È buona norma evitare di rispondere a contatti riportanti dei prefissi e dei numeri di dubbia provenienza, nonché cercare di non rispondere a domande inerenti ai propri dati personali: un “sì” alla domanda “sto parlando con Mario Rossi?” potrebbe nascondere l’intento di utilizzare il vostro nominativo per dei fini poco chiari.

Ah, e quel “Goodbye!” che ogni tanto si ode allo scadere dei tre secondi? È semplicemente un saluto che pone fine al tempo utile per l’operatore di acchiappare la chiamata e staccare così la linea. Un modo un po’ grottesco di ringraziarci per questi tre secondi così preziosi…

Fonte:https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3626528

Provvedimento del Garante: https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3017499